Alla guida di una qualsiasi società (intesa come comunità di persone, riunite non necessariamente in un medesimo luogo e che eseguono un ben individuato ufficio), sia essa impresa, partito politico, associazione categoriale, squadra o lega sportiva, deve essere collocata una persona integerrima, che possa impiegare la propria integrità per rappresentarne gli interessi all’esterno, ma anche per dirigerne i lavori e le professionalità all’interno.
In un recente post abbiamo parlato del Commissioner della Nba (Lega di basket professionistica americana), David Joel Stern, avvocato e rappresentante della lobby ebraica di New York, e della sua abilità professionale impastata di avvedutezza, competenza, antivisione di cose e scenari.
David J. Stern, ricopre l’ufficio di Commissioner Nba perchè sa far rispettare le semplici e chiare leggi che disciplinano e regolano i gangli dello sport più bello del mondo; è rispettato perchè per primo sa farsi rispettare; è temuto perchè non adotta metodologie vendicative ed odiose, ma si limita ad applicare i regolamenti; non è in discussione perchè non ama discutere; è democratico perchè governa un movimento internazionale servendosi di (persino pochi) principi liberi e liberali, conosciuti e sottoscritti da tutti i membri della “sua” comunità; è severo perchè lo sono tempi e persone; è da alcuni odiato perchè coerente e perchè non ama negoziare le sue decisioni.
Il caso. Nelle settimane scorse, Gilbert Arenas e Javaris Crittenton, compagni di squadra nei Wizards di Washington, team professionistico della Nba, hanno introdotto nello spogliatoio delle armi - alcuni giorni dopo una animata discussione -, ignorando tutti i regolamenti previsti.
Ebbene, dopo un attenta e dettagliata indagine è intervenuto David Stern che ha sospeso i due da ogni attività, sino alla conclusione del campionato Nba, privandoli, oltrettutto, anche dello stipendio. La società dei Wizards Washington ha approvato la decisione di Stern (Arenas dovrà comparire anche di fronte al tribunale del Distict of Columbia, perchè ha violato anche le sue leggi) e sta pensando alla rescissione dei contratti per i due; questi, capito la gravità del gesto compiuto, hanno accettato le decisioni prese e non hanno assolutamente criticato Stern.
Quindi, riassumendo: 1) vengono comminate delle sanzioni a due membri di una comunità, a seguito di loro gravi comportamenti; 2) la società che stipendia i due approva totalmente l’adozione di questi provvedimenti sanzionatori; 3) i destinatari delle sanzioni accettano le decisioni prese e non contestano assolutamente chi le ha adottate, 4) l’opinione pubblica approva, perchè il giudice – Stern -, come sempre, non ha minimamente temporeggiato o ammorbidito la pena inflitta.
Ci troviamo negli Stati Uniti!
Là l’ammirazione, la stima e la fiducia nei confronti di una persona maturano a seguito degli atti che compie e non delle parole che pronuncia; si usa ricordare questo nel sistema anglosassone. Possiamo, allora, ancora meravigliarci del prestigio di cui gode David Joel Stern, o di cui godono quelle persone che come Stern, sceglierebbero di dimettersi piuttosto che derogare alla propria integrità?
No, assolutamente!
Poi un qualsiasi lettore trova scritto sui nostri giornali, in questi giorni, che un calciatore è risultato positivo a due recentissimi controlli anti-doping e che la società che lo ha ingaggiato desidera solo proteggerlo e difenderlo per la sua condizione anagrafica di ragazzo e per il suo stato di umano incline a sbagliare (per ben tre volte, addirittura?), invocando coerentemente decisioni clementi (come al solito, si cerca di condizionare le scelte di un giudice, servendosi di parole ed atti che indirizzano gli atteggiamenti ed i comportamenti dell’opinione pubblica – in realtà, questa strategia viene impiegata anche negli Stati Uniti: si veda, al riguardo, il post “Amanda’s lobbying").
Ancora, sempre cronaca di questi giorni: un cantante che avrebbe dovuto partecipare ad una prossima gara canora dichiara l’assunzione quotidiana di droga; insorge la politica: cattivo maestro, indegno di partecipare alla gara canora pubblica; l’organizzazione della gara canora, con decisione: il cantante non può più essere ammesso. E’ ormai tutto deciso, quindi, irrevocabilmente. Tutti contenti, no? No! Perchè il cantante piange e prova ritrattare – aggiustandolo - l’outing; la politica ritorna sugli anatemi appena pronunciati, si commuove e dichiara di fare il tifo per la sua riammissione al concorso canoro; l’organizzazione della gara canora, spinta dalle opinioni buoniste diffuse nell’aria, ritorna sui suoi passi e condiziona la riammissione del cantante alla gara, alla sua decisione o meno di intraprendere un percorso riabilitativo (poi, però, non se fa più niente perchè il cantante si dichiara addirittura offeso; inoltre, alcuni suoi colleghi lo difendono e lo invitano a non partecipare!).
Tutto coerente da noi, no? Sì! Sembra la rappresentazione “buonista” del modello americano! Poi uno legge un giornale di sport americano in cui si parla di Stern e della vicenda di Arenas e Crittenton e si ferma a riflettere... interrogandosi!
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