Scriveva Steven Rosen, Direttore dell’Ufficio Affari esteri del Comitato Israelo-Statunitense di Affari Pubblici, in una nota personale del 1982: “Una lobby è come un fiore notturno. Fiorisce nell’oscurità e muore al sole”! L’argomentazione di Rosen appare netta e semplice nel suo vigore e nella sua linearità, ma vogliamo riferire anche l’opinione di un esperto conoscitore di lobbies e lobbying come Edward Luttwak, politologo ed analista militare americano, che trenta anni dopo questa affermazione la pensa diversamente.
Per Luttwak “gli ingredienti della lobby devono essere quelli della legalità e della trasparenza delle decisioni. La democrazia – continua – funziona quando gli abitanti divengono cittadini e proteggono i loro diritti rispettando i loro doveri. Man mano che ci si allontana da questa formula ottimale di democrazia, i cittadini si trasformano in sudditi, ignorando diritti e doveri e causando il malfunzionamento delle lobbies. Queste, poi, sono sempre esistite negli ordinamenti democratici - conclude Luttwak - perchè al loro interno è possibile la rappresentazione dei diversi interessi”.
Condividiamo le affermazioni di Edward Luttwak, perchè al pari suo riteniamo che le lobbies costituiscano espressione di democrazia all’interno di un dato sistema. Certo, è importante che l’attività di queste sia condotta da gruppi d’interesse diversi (come negli Stati Uniti), in grado di portare all’attenzione del decisore proposte diversificate, supportate da spiegazioni e chiarimenti capaci di arricchire ed agevolare il corso processuale delle decisioni e non di ostacolarlo o influenzarlo.
venerdì 19 marzo 2010
Lobby e Lobbying: opinioni a confronto
mercoledì 3 marzo 2010
Lobbies e corporazioni in Italia
Poco tempo fa, Francesco Giavazzi, docente di Economia Politica alla Bocconi e stimato editorialista del Corriere della Sera, come già fatto in un libello di successo, è tornato a parlare dell’Italia e dei rallentamenti cui è soggetta lungo la strada dello sviluppo. Per Giavazzi l’Italia è un “Paese in declino, grigio e prigioniero di se stesso; non premia il merito e preferisce la rendita al rischio dell’investimento. Al suo interno, le grandi Aziende invece di competere sui mercati si rifugiano in settori al riparo dalla concorrenza, mentre le corporazioni e gli ordini professionali sono arroccati in difesa dei propri privilegi. Quale, allora, la ricetta per cambiare direzione? Secondo Francesco Giavazzi “importante sarebbe riscoprire l’istituto della concorrenza” ed avvicinare le “due Italie presenti, formate da chi compete (e si impegna) e da chi è protetto (e guadagna)”. Giavazzi, poi, parla anche delle lobbies “che fanno il loro mestiere e che non provocherebbero danno a nessuno – visto che fanno solo i propri interessi – se nel sistema entro cui si muovono ci fossero concorrenza e regole chiare. Il problema è, quindi, introdurre più concorrenza e non solo regolamentare le lobbies”. Riprendiamo un esempio citato in passato da Giavazzi per descrivere la nostra Italia ingessata da privilegi e veti. Dice Giavazzi: “da noi un’aspirina costa il doppio che in Gran Bretagna, perché qui può essere acquistata solo in farmacia, a differenza di quanto avviene altrove; i farmacisti, in passato, hanno spiegato per settimane sui diversi media che sarebbe rischioso infatti lasciare liberi gli Italiani di comprare la quantità di aspirina che vogliono”.
Approviamo quanto detto da Giavazzi ed auspichiamo un intervento tempestivo ed efficace del legislatore, cosicché la distanza fra l’Italia e gli altri Paesi, soprattutto anglosassoni, possa essere almeno ristretta. Il sistema paese e soprattutto gli Italiani esprimerebbero riconoscenza!