giovedì 13 ottobre 2011

La Città Ideale


la_citta_idealeLa città non è più la stessa. Non è cambiata e basta, è diversa. E fatichiamo tutti a percepirlo, tanto siamo assuefatti. La città si è allungata, come le ombre del pomeriggio, verso la periferia, che assorbe, adesso, interessi e famiglie ed aggrega, sempre più, servizi ed opportunità (periferia è quella dei grandi centri commerciali e dei quartieri residenziali; nel presente post si intende questa). La città, certamente, non riesce ad essere più competitiva, ma semplicemente perché i suoi amministratori hanno favorito lentamente una sua duplicazione, diversa, funzionale, fruibile, appena fuori dalla sua cintura murata (con servizi, uffici decentrati, istituti di credito, scuole…). Gli amministratori sono riusciti a creare due realtà, una proiezione dell’altra, e le hanno messe in concorrenza; solo che su una investono e verso questa stimolano gli altri ad investire, nell’altra scorgono, invece, solo una leva preziosa per implementare gettito e cassa municipale (strisce blu, ticket per parcheggi, ecopass…), fingendo di prendersene cura con i tanto decantati piani del traffico, che non significano quasi mai impieghi di denaro per migliorare la città, ma solo pomposi cambiamenti/aggiustamenti all’articolazione viaria (con inversioni di sensi di marcia e l’istituzione, magari, di nuovi sensi unici di percorrenza e di improbabili impianti semaforici). In verità anche le persone che popolano la città sono cambiate e la sua trasformazione deriva anche da questo. Le persone vanno tutte di corsa come se fossero incalzate da qualcuno. Non sorridono. Non si guardano attorno. Hanno da tempo pensionato ogni forma di cordialità. Anche la tecnologia ha le sue responsabilità per tutto questo. La tecnologia ed i suoi derivati hanno agevolato un cupo e triste individualismo delle persone ed incentivato una forma di socialità virtuale, che corre sul web anziché lungo le vie cittadine. Osservate per un attimo le persone in città e fissatene gesti e comportamenti: tutti alle prese con cellulari e distratti dalla musica dei lettori di musica digitale, non riescono ad interagire con gli altri, fuggendone addirittura mutualità di saluti e sorrisi; incontrano dei conoscenti e anziché fermarsi a parlare, si impegnano a richiamarli dopo al telefono, mimandone addirittura l’azione. In città sembra quasi che tutti temano i rapporti umani e l’interazione anche con le persone conosciute; sarà per questo che anche i tradizionali luoghi d’aggregazione, come le piazze, il mercato o i bar ad esempio, siano stati spossessati di quella che era la primordiale funzione di ritrovo, passatempo, ma anche di impegno.
La città soffre e soffrono anche i cittadini: urbanisti e sociologi compete a voi predisporre una adeguata cura, affinché la città torni ad essere uno spazio vitale e vissuto.

martedì 11 ottobre 2011

lunedì 29 agosto 2011

Calcio e sciopero in tempo di crisi. La lobby dei calciatori.



campo%20calcioNell’Italia prossima al precipizio, in cui quotidianamente si aprono voragini della stessa spessezza di quelle presenti negli edifici giapponesi appena dopo il sisma, assistiamo divertiti allo sciopero dei calciatori professionisti della massima serie nazionale. Assistiamo divertiti perché consideriamo i calciatori dei simpatici perditempo, anzi dei simpatici perdigiorno: in fondo animano e danno un senso alla nostra domenica, ci rallegrano con i loro dribbling così come con la loro scarsa profondità, considerano lavoro (il loro) ciò che tutti riteniamo essere un divertimento gioioso ed evocatore di  festa e per il quale (caso raro, ma in verità non unico) non esiste un percorso formativo distinto e determinato di accesso. In più e cosa di non poco conto, non li paghiamo noi con le nostre tasse, a differenza dei politici e delle loro inefficienze e questo in tempi di ristrettezze solleva noi e quasi deresponsabilizza loro.
Ma la parola sciopero, riflettendoci anche solo un po', evoca astensioni collettive di lavoratori dal lavoro, lotte legittime, proteste, rivendicazioni salariali ed atti di solidarismo: sentirla allora maneggiare da chi si considera lavoratore solo perché beneficia della corresponsione di un generoso stipendio (ingaggio) da parte di altro soggetto (le Società di calcio), sa di beffa, manipolazione e canzonatura nei confronti di tutti ed in particolare di chi lotta o ha lottato veramente e strenuamente per un lavoro reale o per conservarlo. E’ vero: molti nostri calciatori sentendo della serrata in atto nel campionato di basket professionistico USA, sono rimasti colpiti ed hanno cercato di imitare in parte i colleghi d'oltreoceano mutuandone la forma di protesta e cercando quasi di saldare le loro ragioni con le proprie al grido di un complotto internazionale, data la crisi economica, ai danni della categoria degli sportivi. E’ altrettanto vero: quando decidono di ragionare i nostri calciatori, anche se affaticandosi, riescono alla fine a farlo. Hanno da anni compreso la potenza di propagazione delle televisioni e si sono adeguati, tutelando ad esempio in tutti modi i diritti legati alla propria immagine; inoltre, sanno che le società derivano il loro gettito dalla vendita dei diritti tv e non più dagli spettatori paganti allo stadio e quindi hanno dilatato con smisuratezza le proprie pretese economiche nei loro confronti, pensionando il contatto con i tifosi e privilegiando i passaggi nell’etere. Malgrado questi esempi, però, i nostri calciatori non sono riusciti ancora a capire la forza, la potenza, la sacralità e l’inviolabilità di un termine alto e torreggiante come sciopero: sentirlo sibilare nei loro labiali è un po’ come ascoltare la recita di un Canto della Divina Commedia da parte di un infante e cioè incredibile. 1) Un consiglio ai calciatori ed al loro rappresentante, che sempre più spesso si vede in tv e che pare non ridere per apparire più serio: aprite qualsiasi edizione di quel grande volume austero presente – ci si augura – in ogni abitazione e denominato vocabolario, ricercate il vocabolo “sciopero”, leggetene la definizione e riflettete almeno un minuto sul suo contenuto e sugli esempi eventualmente riferiti. 2) Un invito ai calciatori: nessuno può sottrarsi a rinunce e sacrifici in tempi di seria crisi economica (indipendentemente dal contributo di solidarietà). Nemmeno voi osereste rimanere isolati nella vostra torre indorata mentre l’Italia tutta precipita.

mercoledì 3 agosto 2011

Arrivederci a Settembre!


a_6d93ad8541cf47945ad8df9265940fcd-298x300Mentre viviamo o ci apprestiamo a vivere le desiderate vacanze estive, il Mediterraneo continua a costituire la culla di morte per decine di migranti, che osano sognare un destino migliore (o forse un destino e basta) per sé e per i propri figli. Lontani da TV e giornali, latori abitudinari di notizie giudicate moleste, non dimentichiamo che poco oltre  i flutti  siciliani è in corso una guerra che genera ed ha per conseguenza distruzione, morte, fughe di massa. Non possiamo fare molto, certo. Spetta indubbiamente ai Governi agire, cooperare e decidere. Ciò che possiamo, anzi, abbiamo il dovere di fare è non chiudere i nostri occhi sul mondo, sulle sue ingiustizie e sui suoi troppo rilevanti squilibri: anche in Estate, quando i pensieri sogliono essere meno grevi.
Possiamo certamente sacrificare un gelato, uno, ad una qualche riflessione in più!

mercoledì 27 luglio 2011

Io ci sarò. E tu?


Logo Società Libera
IV MARCIA INTERNAZIONALE
PER LA LIBERTA’



DELLE MINORANZE E DEI POPOLI OPPRESSI



BERLINO, PARIGI, ROMA
SABATO 22 OTTOBRE, ORE 15



L’Associazione di cultura liberale SOCIETA’ LIBERA, indipendente ed apartitica, da tempo indirizza la sua attività verso iniziative tese ad esaltare la salvaguardia del principio di Libertà intesa come diritto individuale e di autodeterminazione dei Popoli.

Società Libera, coerente con la sua concezione del liberalismo che riconosce supremazia e centralità alla Persona e ai suoi diritti naturali, da tre anni promuove a Roma la Marcia Internazionale per la Libertà, manifestazione silenziosa volta a mobilitare l’opinione pubblica in difesa della libertà dei popoli Birmano, Iraniano, Tibetano e Uyghuro e per dare maggiore visibilità all’impegno di chi, nel mondo, lotta per la libertà.

A fronte del peggioramento nel mondo della situazione dei diritti umani, ritiene che non basta più esprimere generiche solidarietà e manifestare separatamente e per singole situazioni.

E’ tempo che in Europa si riempiano le piazze di gente consapevole. E’ tempo che l’Occidente si scuota e mobiliti concretamente interesse e coscienze sulle condizioni di centinaia di milioni di uomini. E’ tempo che l’Europa e gli organismi soprannazionali vengano sollecitati ad assumere posizione a tutela delle minoranze, non ultima di quella cristiana.
E’ tempo che l’Europa istituisca la Giornata Europea per la Libertà delle Minoranze e dei Popoli oppressi.

Con questi intendimenti Società Libera si appella alle genti d’Europa, alle comunità delle Minoranze e dei Popoli oppressi e agli organi d’informazione affinché da Berlino, Parigi e Roma parta un vasto e unitario movimento di mobilitazione, in grado di far comprendere che la difesa dei Diritti Umani è una priorità internazionale.

 



Sito dedicato alla Marcia:   marchforfreedom.wordpress.com

lunedì 9 maggio 2011

Affari esteri


8In questi ultimi tre mesi molti sono stati gli accadimenti internazionali di cui siamo venuti a conoscenza tramite i mezzi di informazione. Eccone elencati alcuni: l’esistenza di una diplomazia USA parallela a quella ufficiale, fatta di dispacci ufficiosi ed indiscrezioni; le tragiche vicende politico-rivoluzionarie degli Stati a sud del Mediterraneo, per le cui Popolazioni facciamo tutti il tifo; la guerra in Libia; l’evento sismico in Giappone ed il successivo allarme nucleare mondiale; l’uccisione di Osama Bin Laden, da parte delle truppe speciali americane in Pakistan. Mettendo da parte le spassose (se non fossero sciagurate, è chiaro) vicende italian-domestiche, esagerate mediaticamente dall’approssimarsi degli impegni elettorali amministrativi del fine settimana, pare opportuno soffermarsi brevemente ad analizzare la vicenda della morte del terrorista Bin Laden in Pakistan, per mano dei militari USA. Personalmente, avrei preferito parlare più della cattura di Bin Laden, piuttosto che della sua uccisione, innanzitutto perché la prima costituiva la ragione della guerra portata in Afghanistan da una coalizione internazionale a seguito degli eventi terroristici del 2001, poi, perché la sua uccisione che sarebbe dovuta essere una  fra le scelte possibili è diventata senza esitazioni l’unica opzione praticabile e di fatto praticata.
Dicono molti osservatori internazionali: si è preferita la vendetta alla giustizia; la vera giustizia era la vendetta; la vendetta è stata la giusta scelta.       
Aggiungono altri: avrebbe meritato, il terrorista, un processo regolare davanti ad una corte di giustizia internazionale; gli Usa hanno riservato a Bin Laden una pena corrispondente a quella esercitata da lui stesso, dieci anni prima; gli Stati Uniti si sono spinti più avanti, rispetto a quanto avrebbero dovuto.
Sottolineano, infine, maliziosamente, altri ancora: ma possibile che dopo dieci anni di guerra in Afghanistan, migliaia di morti fra civili e militari, ricerche del terrorista estese ai più diversi e stravaganti siti (montagne, gallerie scavate nella roccia..), operazioni di guerra condotte da militari plurititolati, si scopre che questi risiede indisturbato in un Paese confinante, da ormai sei anni e in una abitazione niente affatto fortezza?
Premettendo che Bin Laden  ha rappresentato ed esercitato in vita il male assoluto, che un mondo senza Bin Laden è un mondo più sicuro e libero, insieme a tanti altri mi domando preoccupato se la lex talionis non fosse in uso solo presso i popoli antichi (leggi: incivili)!

 

mercoledì 23 febbraio 2011

A ferro e fuoco




africaE’ molto difficile parlare in queste giornate così grevi di qualcosa d’altro. Non vogliamo nemmeno provare a farlo. L’Africa Mediterranea sta bruciando. I popoli rivieraschi a sud del Mediterraneo si ribellano ad anni di soperchierie di stato, multinazionali o forestiere. Gli incendi, le devastazioni, le grida, le violenze, la repressione e lo sterminio: abbiamo visto tutto, anche dove la censura non ha potuto.
I nostri occhi sono ebbri di dolore e sofferenza, le nostre menti stordite e confuse dagli eventi, i nostri corpi sono inermi ed inerti di fronte alla grande causa africana. Vorremmo intervenire, vorremmo partecipare, vorremmo concorrere anche noi a scrivere la storia della genuina democrazia nei Grandi Paesi a sud dell’Italia. Non possiamo che essere spettatori, però.
Non possiamo altro che assistere alla violenza di stato, esercitata nei confronti di chi vuol far prevalere un semplice principio democratico e molto occidentale, secondo cui, attraverso l’istituto della rappresentanza, compete al popolo scegliere i propri governanti. Continueremo a seguire gli eventi drammatici in Libia, Egitto, Tunisia, Marocco, trasformando le grida di dolore dei coraggiosi manifestanti nella nostra sdegnata collera verso chi continua a reprimere la libertà dei Popoli.