domenica 7 ottobre 2007

jasper flag


Stati Uniti. Lobbying.
Petrolio: breve racconto di inizio secolo (scorso)


 


1918: siamo in America. Il Senato degli Stati Uniti decide ostinatamente (per ben tre volte!) di non ratificare l’atto di adesione alla Società delle Nazioni. Il trattato costituiva il più qualificante fra i 14 punti elaborati dal Presidente di allora, Woodrow Wilson, allo scopo di salvaguardare la pace ed il rispetto del diritto da parte dei popoli dopo la rovinosa esperienza della Prima Guerra mondiale. Il Partito Repubblicano decide il candidato da contrapporre al democratico ed inviso Presidente Wilson:si tratta di Warren Gamaliel Harding, giornalista dell’Ohio già fiero oppositore, in Senato, di Wilson e di tutta la sua politica. Il criterio adottato per la scelta, risulta quanto mai singolare:il nome di Harding al Partito, viene suggerito (imposto!) da Harry Dougherthy, uomo d’affari dell’Ohio rappresentante la lobby dei petrolieri. Inutile parlare della forza di questa, all’interno della convenzione (come in tutto il paese, del resto!) e della sua capacità di far valere istanze e persone. Nel 1920 Harding viene eletto Presidente degli Stati Uniti con circa sette milioni di voti in più dell’avversario democratico. Dunque, sembrerebbe una scelta sensata e di spessore quella compiuta dal Partito con il concorso degli industriali del petrolio: ma in questo episodio l’abilità del rappresentante Dougherthy, ha contribuito più al realizzarsi di una evoluzione democratica (scopo precipuo di ogni attività di lobbying) o ad un  suo rallentamento o travisamento? La segnalazione/imposizione di Harding è dunque opportunità od obbligo? Qualcuno potrebbe pozzo petrolio 01asserire che il passaggio elettorale successivo allontana speculazioni ed ombre! Giusto, ma basta osservare quanto compiuto dal Presidente, una volta eletto, per solleticare riflessioni e chiarire interrogativi:molti suoi grandi elettori sono cooptati al governo malgrado evidenti conflitti d’interessi (Mellon, ministro del tesoro, ad esempio, era banchiere e imprenditore siderurgico); tutti gli sforzi sono volti a ridurre la pressione fiscale nei confronti di ricchi ed imprenditori; la cessione di giacimenti petroliferi statali favorisce solo taluni privati;viene tracciata una decisa virata verso un liberismo sfrenato ed affaristico. E’ chiaro come il momento elettorale, qui, costituisca l’unica isola d’imprevedibilità e dubbio all’interno di un progetto, elaborato dal portatore d’interessi,altrimenti perfetto e sicuro. Non può meravigliare se  l’attenzione del legislatore americano sia indirizzata, a seguito di questo come di molti altri episodi,a disciplinare minuziosamente ogni aspetto della vita democratica del paese, stabilendo regole e comminando sanzioni. Non deve meravigliare nemmeno l’autorità di cui gode una  stampa incline all’inchiesta e capace di esercitare sempre più il ruolo di watch-dog proprio delle istituzioni.Di strada da percorrere ce n’ è ancora molta. Soprattutto se  guardando aldilà dell’oceano, a distanza di quasi un secolo rispetto all’episodio esposto, ,noteremo incredibilmente l’interazione fra gli stessi attori (lobbies dei petrolieri, vice-presidenti affaristi,liberismo, stampa inquirente)con le medesime pratiche!


 

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